È MOLTO IN VOGUE ESSERE OMOSESSUALE

David LaChapelle è sicuramente un artista pop tanto quanto Andy Warhol. Come il maestro della factory fa delle pop art un modo di amare le cose.
Di seguito una parte dell’intervista che David LaChapelle ha rilasciato a Vanity Fair.
L'arte le ha cambiato la vita. E l'incontro con Andy Warhol? Avevo sedici anni e lui mi ripeteva: “fa quello che vuoi con la tua macchina, purché tu renda belli tutti i soggetti fotografati. Non limitarti, sperimenta”. Andy mi ha dato la possibilità di iniziare, pubblicando le mie immagini sulla sua rivista, Interview.
Un ricordo di Warhol? Una volta, durante un pranzo pieno di celebrità, io andai in cucina a mangime gli avanzi. Andy entrò e trovo una lattina di caffè nella spazzatura. Diventò paonazzo e iniziò a gridale: “Chi ha buttato questa lattina, eh, chi?”. Solo qualche tempo dopo ho capito che sua mamma, polacca, era stata educata come la mia, lituana: lo spreco è un peccato!
La celebrità peggiore e la migliore con cui ha lavoralo? I peggiori, se li menzionassi, lei non li ricorderebbe, perché le loro carriere sono già finite. I migliori sono i veri esibizionisti, quelli che riconoscono il valore della fotografia: gente di talento, come erano Marilyn e Marlon Brando. Oggi però conta più l'immagine: vedi Paris Hilton.

Il suo valore più importante? La mia idea di Dio.
Ovvero? Credo in un potere superiore e in un’altra vita. L'ho sentito quando è morto un mio amico. Ma, per incontrarlo, devi smettere di correre.
Le lo ha incontrato? Prega? Certo, e ho anche un posto speciale per farlo: alle Hawaii, in mezzo alla giungla. Del resto, laChapelle in francese significa "la cappella". Qualche mio antenato era cattolico, ma la mia è spiritualità, non religione.
Lei è gay dichiarato: è vero che gli omosessuali sono più sensibili e creativi? Se sei gay, sei solo. L'unico posto in cui si vedono gli omosessuali è nei gay bar, dove ci ghettizziamo e dove, in fondo, odiamo noi stessi. Ma questa esclusione da parte della società può rendere forti, e affinare sentimenti e creatività.
A lei, che effetto ha fatto? Ho desiderato a lungo di essere qualcun’altro. Finché un giorno in metrò, avevo 16 anni, ho capito che volevo essere vero, e volevo essere me stesso. Sono cosi felice di essere "io", mi sono detto. L’illuminazione di un istante fortuna.
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