SHORTBUS, in breve
Difficile raccontare una delle pellicole più interessanti degli ultimi mesi. L’ultimo film di John Cameron Mitchell, già noto ad alcuni per "Hedwing, la diva con qualcosa in più", cerca di presentare al 70% della persone sessualmente attive, la sessualità del restante 30%. Complicato quindi riassumerlo in poche righe. Per recensirlo ho deciso di utilizzare alcune citazioni.
“Il cinema serve anche per abbattere tabù” (Roger Michell, regista di The Mother)È vero. C’è molto sesso in Shortbus ma solo chi vive la propria sessualità come un tabù non riesce a cogliere le storie dei vari personaggi, molto interessanti. Parlare di SOLITUDINE attraverso le solite sceneggiature vittimiste era fin troppo facile e scontato.
Il sesso è concepito dal regista come un linguaggio. Non tutti possiedono le stesse proprietà linguistiche e sanno comunicare bene.
“Non sempre il sesso ti permette di essere intimo con una persona” (la Pina)
Vedendo Shortbus ti rendi perfettamente conto di come il sesso, a volte, possa essere vissuto da una coppia in totale anonimato. L’animato delle anime che ci costringe ad essere omertosi, a negare al nostro partner i nostri desideri (sessuali e no).
Abituati a considerarci coppia, non comunichiamo più con noi stessi e le chiacchiere, inevitabilmente, diventano un soliloquio. Scompaiono le piacevoli e stuzzicanti conversazioni.
“È che le cose succedono. Tu sei lì che ipotizzi la vita e la vita, intanto ti accade”
La frase che apre l’ultima considerazione su Shortbus è tratta dal romanzo di Matteo B Bianchi, esperimenti di felicità provvisoria.
Esperimenti che vengono ampiamente raccontanti e documentati nel film. Stufi di vivere in un presente tiepido, i protagonisti coraggiosamente decidono di provare ad essere felici (fisicamente e mentalmente), anche se le prove testimoniano che per vivere bene si debba decidere di cambiare partner, amicizie, lavoro.
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