sabato, settembre 30, 2006

LA PRIMA VOLTA…

Glissiamo per un attimo sulla considerazioni che avevo programmato di fare sui film a tematiche omosessuali che hanno come protagonisti dei ragazzi. Appena posso (pardon appena ho voglia) la riprendo.

Dopo una settimana del genere (a malumori ad intermittenza) mi va di scrivere di qualcosa d’altro … di qualcosa che faccia sorridere.

Se ti va, caro lettore che sei approdato su questo blog (rock negli intenti), stasera sabato 30 settembre ti scrivo di prime volte.

La prima volta (eviterei di parlare di quella sessuale dopo l’outing fatto da Mastella alle Invasioni Barbariche, che a Daria Bignardi confesso di aver avuto il primo rapporto sessuale a 28 anni) che fai qualcosa di nuovo stai psicologicamente meglio. Forse è per quello che in questo periodo cerco assiduamente nel mio micro cosmo prime volte.

Oggi ad esempio ho perso definitivamente la mia verginità letteraria: ho comprato per la prima volta un libro che non sia di narrativa.

Sono arrivato, ci siamo visti (io e il libro) e abbiamo capito fin da subito che l’investimento che l’uno stava facendo sull’altro sarebbe stato, perlomeno nelle intenzioni, positivo. Questo, dopo appunto una settimana scandita di sere nere (come appunto canta qualcuno) mi ha fatto stare meglio. Scriverne ancora di più.

A proposito di prime volte uno schiocco a Susanna Tamaro che nell’ultimo numero di Vanity Fair dichiara la sua omoaffettività. Non è un vero e proprio coming out ma a persone come il sottoscritto, convinto e sostenitore di una comunità omosessuale “diversa” da come spesso viene rappresentata, ha fatto bene.
Ha fatto bene poiché mi ha ricordato perché si decide, si vuole, si tenta di investire sulle prime volte…

Credo che le prime volte siano tutti quegli accorgimenti che come registi della nostra vita vogliamo adottare in modo da poter dire ad ogni bilancio (o ciak che dir si voglia): “buona la prima”!!!



lunedì, settembre 25, 2006

MARE DENTRO

Nei giorni scorsi Piergiorgio Welby, co-presidente dell’associazione Luca Coscioni (che fino in punto di morte si è sempre battuto per la ricerca scientifica), ha chiesto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il diritto alla morte.
Siamo sempre a contatto con la morte, pardon siamo soliti vedere la morte (nei telegiornali, nei telefilm, pensiamo solo al successo riscosso dal canale satellitare Fox Crime), e ci scandalizziamo se qualcuno decide di viverLA? Perché?
Perché pensiamo che il diritto alla morte sia meno importante di quello alla vita? Perché pensiamo soprattutto che il diritto alla vita lo si può disciplinare solo su terzi (pensiamo ad esempio all’aborto, alla pena di morte) e non possa valere in prima persona?

Vivere la propria morte in prima persona spaventerebbe più noi, o coloro (i terzi) che con noi hanno vissuto anche quella fase della nostra esistenza su questa terra?
Forse è questo davvero il punto…
Capire se negare la morte (cosciente) al prossimo, voglia dire negare a noi stessi di vivere da vicino una fase della nostra vita che conosciamo per sentito dire o attraverso un tubo catodico.

sopra una clip tratta dal film "Mare Dentro"
A proposito di adolescenti (protagonisti anche nel film di Araki che vedrò nei prossimi giorni), come cambia il cinema che parla di loro? È finita l’epoca di “3 metri sopra il cielo” e comincia quella “ho voglia di me”?! …

martedì, settembre 19, 2006


La nuova pubblicità di RARe

Il nuovo Zanichelli conterrà 1700 nuove parole. Logico pensare che i curatori del volume abbiamo voluto farci presente che, volontariamente o no, da tempo ci confrontiamo con nuove situazioni che necessitano di essere analizzate, spiegate.

Ma siano proprio sicuri che ci capiti realmente di vivere momenti nuovi? Non siamo semplicemente, o banalmente, incantati da riflessi di altre situazioni che vorremo evitare?! Forse sì.

P.S. Dopo “Il diavolo veste Prada” (piacevole) ho deciso di dedicarmi a “Lessico Familiare” di Natalia Ginzurg.

AzulOscuroCasiNegro

AzulOscuroCasiNegro (blu scuro, quasi nero) è uno stato d'animo, indica un futuro incerto, un colore. Un colore che a volte non riconosciamo perché può cambiare in relazione alla luce o al punto di vista. Un colore che ci ricorda che spesso ci inganniamo e che le cose spesso non sono come sembrano.
Jorge ha ereditato il lavoro del padre, dopo che questi è stato colpito da un ictus. Negli ultimi anni si è impegnato molto per occuparsi di suo padre, del suo lavoro e costruirsi una carriera.
Attraverso suo fratello Antonio conosce Paula con la quale stabilisce una strana relazione che lo spingerà a cercare di sentirsi meno responsabile per tutto e a tentare di seguire i propri desideri senza tener conto di ciò che gli altri si aspettano da lui. Tutto allora potrebbe essere diverso....oppure no.

Abbiamo bisogno di un algoritmo, di una liturgia.
Ci aspettiamo che tutto vada come deciso, da noi (da qualcun altro), senza muoverci di un millimetro.

Aspettiamo il grande amore, la grande occasione, il grande evento. Cercare è scomodo ma soprattutto va contro quella liturgia di cui non possiamo fare a meno. Vorremo farne a meno ma non vogliamo.

Persino quando vai al cinema ti aspetti qualcosa di interessante, stimolante, convincente da vedere.

Aspetti e per ingannare te stesso, più che il tempo che passa, etichetti tutto ciò che vedi con formule tanto religiose quanto convenzionali: “la protagonista è la cattiva”, “l’uomo tradito il fesso”, “l’amica voltagabbana la stronza”…

Capita poi di trascorrere una serata di fine estate al cinema a vedere “the Queen”.

Sulla carta ti sembra quasi banale, non capisci perché sia arrivato ad un soffio dal leone d’oro.

Poi capisci perché questo film piace a molti. La regina, simbolo della LITURGIA, decide di interrompere la cerimonia che l’ha sempre vista protagonista mostrando ai suoi sudditi quello che REalmente è: un essere umano.

Un essere umano stronzo come pochi, rigoroso come molti vorrebbero essere, ma soprattutto un essere umano importante ed interessante proprio perché diverso da me e da te… che questo film dovrebbe vederlo.

lunedì, settembre 18, 2006

Oggi, nel 1905, nasceva Greta Garbo.

Federico Fellini, parlando di lei, la definí una fata severa: in cuor suo era, senza mezzi termini, "la fondatrice d'un ordine religioso chiamato cinema".

Di lei Truman Capote diceva: “Greta Garbo ha portato al cinema un senso di poesia che nessun altro ha mai saputo raggiungere. Forse, solo Charlie Chaplin”.

... a proposito di "regine", stasera con molta probabilità andrò al cinema a vedere "the Queen".

domenica, settembre 17, 2006


Per essere insostituibili bisogna essere diversi.
Coco Chanel